43 – I consulenti del lavoro sono soggetti agli obblighi antiriciclaggio ?
Sentenza 43 – Consulenti del lavoro e antiriciclaggio: quando la consulenza aziendale non è esente dagli obblighi di verifica ? Analisi Sent. Trib. Roma pubb. 11/2022.
La vicenda processuale
Una sentenza del Tribunale di Roma pubblicata nel mese di novembre 2022 ha affrontato una questione di particolare rilevanza per i consulenti del lavoro in materia di normativa antiriciclaggio, riguardante l’opposizione a un decreto di pagamento emesso dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per violazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela.
Il caso ha avuto origine da un decreto ministeriale che intimava il pagamento di sanzioni antiriciclaggio di circa 10.000 euro per violazione dell’articolo 56 del decreto legislativo n. 231 del 2007, relativo all’omessa verifica della clientela da parte di un consulente del lavoro.
Il professionista ha proposto opposizione ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 150 del 2011, contestando sia l’esistenza della violazione sia l’entità della sanzione irrogata.
Le argomentazioni delle parti
Le difese del ricorrente
Il consulente del lavoro ha articolato la propria difesa su diversi fronti, eccependo innanzitutto il difetto di legittimazione passiva, sostenendo di svolgere una mera attività di redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale e di trasmissione di buste paga. Ha inoltre argomentato che si trattava di operazioni inferiori alla soglia di 15.000 euro prevista dall’articolo 17, primo comma, lettera b), del decreto legislativo n. 231/2007, rivendicando di aver comunque effettuato la verifica richiesta dalla normativa.
La posizione del Ministero
Il Ministero si è costituito evidenziando l’esistenza della violazione e l’infondatezza dell’opposizione, sostenendo la legittimità dell’accertamento effettuato e della sanzione antiriciclaggio irrogata.
La decisione del Tribunale
L’inquadramento normativo dei consulenti del lavoro
Il Tribunale ha chiarito preliminarmente che l’articolo 3, quarto comma, del decreto legislativo n. 231/2007 prevede espressamente che “rientrano nella categoria dei professionisti, nell’esercizio della professione in forma individuale, associata o societaria: a) i soggetti iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell’albo dei consulenti del lavoro“, stabilendo quindi che anche i consulenti del lavoro sono destinatari della normativa antiriciclaggio.
L’esenzione per le attività di mera redazione e trasmissione
Il giudice ha riconosciuto che l’articolo 17, settimo comma, del decreto legislativo n. 231/2007 prevede un’importante esenzione, stabilendo che “gli obblighi di adeguata verifica della clientela non si osservano in relazione allo svolgimento dell’attività di mera redazione e trasmissione ovvero di sola trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 11 gennaio 1979, n. 12“.
La distinzione tra attività esenti e consulenza aziendale
Tuttavia, il Tribunale ha precisato che il decreto opposto indicava, in riferimento alle diciotto operazioni contestate ed escluse quelle per cui lo stesso Ministero aveva ravvisato la prescrizione, diverse fatture o compensi per “consulenza aziendale“. Il giudice ha chiarito che tale consulenza “non può rientrare nelle attività indicate dall’art. 2, 1° comma, legge n. 12/1979 di mera redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale, ovvero di trasmissione di buste paga”.
L’irrilevanza della soglia dei 15.000 euro per i rapporti continuativi
Il Tribunale ha inoltre stabilito un principio fondamentale: “non rileva l’importo delle operazioni, di modesto valore ed inferiori a 15.000,00 euro, ma la circostanza che trattasi di consulenze e, dunque, di evidente rapporto continuativo con i singoli soggetti di volta in volta interessati”. In presenza di rapporti continuativi, infatti, l’obbligo di adeguata verifica scatta indipendentemente dal valore delle singole operazioni, come previsto dall’articolo 17, primo comma, lettera a), del decreto legislativo n. 231/2007.
La riduzione della sanzione
Pur confermando l’esistenza della violazione, il Tribunale ha accolto parzialmente l’opposizione limitatamente all’importo della sanzione. Considerando che l’illecito amministrativo, pur essendo formalmente integrato, “non può considerarsi grave, atteso il modestissimo valore delle operazioni” e che “non risultano precedenti violazioni”, il giudice ha ridotto la sanzione da circa 10.000 euro a circa 4.000 euro, applicando l’articolo 6, dodicesimo comma, del decreto legislativo n. 150 del 2011.
I principi generali estratti dalla sentenza
Ambito soggettivo della normativa antiriciclaggio
La pronuncia conferma che i consulenti del lavoro rientrano pienamente nell’ambito soggettivo di applicazione della normativa antiriciclaggio, essendo espressamente inclusi tra i professionisti destinatari degli obblighi previsti dal decreto legislativo n. 231/2007.
Distinzione tra attività esenti e soggette agli obblighi
Il Tribunale ha chiarito la fondamentale distinzione tra le attività di mera redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale, che sono esenti dagli obblighi di adeguata verifica, e le attività di consulenza aziendale, che invece rimangono soggette a tutti gli obblighi antiriciclaggio.
Prevalenza del criterio del rapporto continuativo
La sentenza stabilisce che per i rapporti continuativi l’obbligo di adeguata verifica opera indipendentemente dal valore delle singole operazioni, anche quando queste siano inferiori alla soglia di 15.000 euro prevista per le operazioni occasionali.
Criteri per la determinazione della sanzione
Il giudice ha applicato criteri di proporzionalità nella determinazione della sanzione, considerando il modesto valore delle operazioni, l’assenza di precedenti violazioni e la scarsa portata offensiva dell’illecito contestato.
Massima della sentenza
In materia di normativa antiriciclaggio applicabile ai consulenti del lavoro, l’esenzione dagli obblighi di adeguata verifica della clientela prevista per le attività di mera redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale non si estende alle attività di consulenza aziendale, che rimangono integralmente soggette agli obblighi del decreto legislativo n. 231/2007. Per i rapporti continuativi instaurati con la clientela, l’obbligo di adeguata verifica opera indipendentemente dal valore delle singole operazioni, anche quando queste siano inferiori alla soglia di 15.000 euro prevista per le operazioni occasionali. La violazione degli obblighi antiriciclaggio da parte dei consulenti del lavoro che svolgano attività di consulenza aziendale comporta l’applicazione delle sanzioni amministrative previste, con possibilità di riduzione in presenza di circostanze attenuanti quali il modesto valore delle operazioni e l’assenza di precedenti violazioni.
La soccombenza e le spese processuali
La sentenza ha stabilito che il ricorrente, risultato soccombente sul punto principale dell’esistenza della violazione, è tenuto al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’articolo 65, quinto comma, del decreto legislativo n. 231/2007 e dell’articolo 152-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
Le spese processuali sono state liquidate in circa 1.000 euro per compensi, oltre spese generali, IVA e contributo previdenziale assistenziale, a carico del ricorrente e in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Considerazioni conclusive per i consulenti del lavoro
La pronuncia del Tribunale di Roma rappresenta un importante precedente per i consulenti del lavoro, chiarendo i confini applicativi della normativa antiriciclaggio nel settore. La decisione evidenzia come l’esenzione prevista per le attività tipiche della professione debba essere interpretata restrittivamente, non estendendosi alle attività di consulenza aziendale che vanno oltre la mera gestione amministrativa del personale.
I consulenti del lavoro devono quindi prestare particolare attenzione alla natura delle prestazioni erogate, distinguendo chiaramente tra le attività esenti e quelle soggette agli obblighi antiriciclaggio. Per queste ultime, è necessario implementare adeguate procedure di verifica della clientela, indipendentemente dal valore economico delle singole operazioni, quando si configuri un rapporto continuativo con il cliente.
La sentenza conferma inoltre l’importanza della collaborazione con le autorità di controllo ai fini della determinazione della sanzione, evidenziando come l’assenza di precedenti violazioni e il modesto valore delle operazioni possano costituire elementi di attenuazione nella quantificazione della sanzione amministrativa.
