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Money Transfer – Trasferimento di denaro verso Paesi non collaborativi

Sentenza del Tribunale di Roma n. 6041/2018


Il contenzioso in esame, conclusosi con sentenza del Tribunale di Roma nel 2018, coinvolgeva un'impresa di money transfer, pesantemente sanzionata dal Ministero in via solidale con il suo legale rappresentante (responsabile di assolvere all'obbligo di segnalare operazioni sospette), per non avere segnalato tempestivamente movimentazioni finanziarie in violazione della normativa antiriciclaggio.
L'impresa svolgeva attività di intermediazione finanziaria, in particolare di servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento di fondi dall’Italia verso Cina e Filippine.
Le verifiche condotte dalla Guardia di Finanza avevano rilevato che, nell'arco di tempo oggetto di verifica, un cospicuo numero di clienti aveva disposto trasferimenti di denaro all’estero e, per quanto i singoli importi fossero inferiori al limite  di legge previsto all’epoca degli eventi, l'ammontare complessivo risultava considerevole in relazione all’intervallo di tempo in cui erano stati effettuati i trasferimenti, tanto da far sorgere dubbi circa la provenienza delle somme, soprattutto in assenza di informazioni sul profilo economico dei clienti.

Nel merito, il soggetto sanzionato si era difeso eccependo che l'assenza di notizie circa il profilo economico patrimoniale dei clienti era giustificata in quanto, trattandosi di operazioni occasionali, non vi fossero elementi idonei a riscontrare l'anomalia delle operazioni.
Il Tribunale, nella decisione, premetteva che gli indici di anomalia delle operazioni devono essere ricavati dal cosiddetto Decalogo, emanato dalla Banca d’Italia, contenente le “Istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette”. Nella parte del Decalogo dedicata alle misure organizzative e alla conoscenza della clientela, si afferma che gli intermediari effettuano l'analisi del grado di anomalia di un'operazione con riferimento alle caratteristiche del cliente che la realizza. Il dato oggettivo va integrato con le informazioni sul cliente a conoscenza dell'intermediario al fine valutare la coerenza e la compatibilità dell'operazione con il profilo economico-finanziario dichiarato dal cliente medesimo; particolare attenzione è richiesta qualora risulti che il cliente non svolga attività economicamente di rilievo. Gli intermediari "non devono farsi carico di ulteriori attività di accertamento, di competenza delle autorità di ciò istituzionalmente incaricate. Un'approfondita conoscenza del cliente costituisce, da un lato, un momento fondamentale del percorso logico che porta alla valutazione dell'operazione…". Sempre nel Decalogo, nella parte introduttiva all'elencazione degli indici di anomalia, è previsto che "nel caso di operazioni richieste da utenti occasionali, la valutazione (qualora le informazioni sulla capacità economica e l'attività svolta risultino insufficienti) deve concentrarsi soprattutto sulle caratteristiche tecniche dell'operazione, e in particolare sulla sua entità".

In allegato al ricorso, il ricorrente produceva un campione rappresentativo di scheda identificativa del cliente, nella quale erano indicati la professione svolta, i dati anagrafici e il codice fiscale.

Erano stati interrogati inoltre alcuni testimoni, prova non usuale in questo tipo di procedimenti, ma rivelatasi poi determinante. A testimonianza di come venisse valutata la consistenza economico-finanziaria dei clienti, l'addetta al ricevimento della clientela aveva riferito che il database in uso all'agenzia segnalava le transazioni superiori a un certo ammontare in un determinato periodo; quando ciò si verificava, l'impiegata al banco era tenuta ad avvisare il responsabile antiriciclaggio dell’ufficio per effettuare indagini sui soggetti e le loro eventuali attività commerciali, prima di autorizzare l'operazione.

Un altro teste aveva precisato altresì che i clienti dell'agenzia gestivano spesso attività commerciali con sede in Asia e che quindi il danaro inviato serviva a  pagare i fornitori.
I testimoni avevano inoltre riferito che i clienti dovevano presentare un documento di identità in originale e anche la teste ascoltata in qualità di cliente confermò che le veniva richiesto di esibire in originale il documento di identità e il codice fiscale.

A parere del Ministero, l'assenza di informazioni approfondite avrebbe dovuto far ritenere i clienti come “occasionali”, con la conseguente necessità di considerare sufficienti, ai fini dell’obbligo di segnalazione, gli indicatori di anomalie oggettive, come la frequenza e l'importo dei trasferimenti. 

Secondo il Giudice, la peculiarità della vicenda atteneva al fatto che effettivamente per molti clienti le informazioni ottenute sul profilo economico finanziario consistessero unicamente nella dichiarazione sulla professione svolta e che non si potessero pretendere da parte dell’intermediario ulteriori accertamenti, così come stabilisce anche il Decalogo emanato dalla Banca d’Italia.

Al Giudice appariva quindi eccessivo ritenere che tutti i clienti del servizio di money transfer fossero da considerare clienti “occasionali” solo perché non erano documentate informazioni dettagliate sul loro profilo economico, a causa delle modalità operative del servizio. Poteva ritenersi sufficiente, invece, l'approfondimento della conoscenza della clientela mediante la verifica dell'esistenza delle relative attività commerciali, come emerso nel corso del giudizio.

Per tale motivo, l'opposizione fu accolta e il decreto sanzionatorio annullato.